Neuroleadership: coltivare i capitani del futuro dai marshmallow alla responsabilità diffusa

La capacità di differire il desiderio, sin dall’infanzia, è predittiva in termini di leadership ma per governare un gruppo di persone oggi serve anche altro, a partire da un passo indietro in termini di controllo.

Nel suo atto unico “Overruled” (1912) George Bernard Shaw afferma: “Finché ho un desiderio, ho una ragione per vivere. La soddisfazione è la morte*”. Pur concedendo tutte le possibili licenze teatrali allo straordinario autore dublinese, non si può non constatare come nella sua frase ci siano profonde, profondissime – e acute – verità: il desiderio è una propulsione, una spinta a raggiungere un traguardo, un perno su cui fa leva la motivazione, una spinta ad andare avanti; la soddisfazione di un desiderio, se non “rimpiazzata” da una nuova brama, può essere letale in termini di stimoli. D’altra parte è anche vero che gestire il desiderio significa poter disporre di questa energia ed essere in grado di sfruttarla al meglio per raggiungere obiettivi a lungo termine.

Il test del marshmallow fra i bagagli del leader

Siamo negli anni Sessanta, già si intravede il decennio successivo e Walter Mischel, psicologo austriaco, progetta all’Università di Stanford uno dei più grandiosi esperimenti mai realizzati. Il “via” operativo risale al 1972 quando a oltre 600 bambini fra i 4 e i 6 anni, viene regalato un marshmallow.
Gli sperimentatori, alla consegna, aggiungono un’informazione: “Puoi mangiarlo subito ma se attendi 15 minuti potrai mangiarne 2. Se lo mangi adesso non potrai avere il secondo”.

All’apparenza semplice, il “test del marshmallow” (in realtà nella sessione originale ai bambini furono presentati anche altri tipi di dolcetto) è una delle ricerche fondamentali sul comportamento umano, anche perché nel corso dei decenni successivi e fino al 2009, sono stati eseguiti dei follow-up per capire come la capacità di controllare gli impulsi, potesse essere legata alla capacità di autorealizzazione.

Ebbene, si è scoperto che i bambini con abilità di autocontrollo sono diventati adulti con miglior carriera, miglior forma fisica, reazioni personali più positive, maggior cultura accademica, maggior capacità di eseguire test cognitivi. In parole povere questi bambini sono diventati persone di successo mentre i piccoli che non hanno saputo resistere alla tentazione hanno avuto con maggior frequenza problemi di ogni tipo, perfino con le droghe. L’autocontrollo è un indicatore di successi futuri addirittura più preciso del celebre Quoziente Intellettivo.

Sotto il profilo neurologico questa facoltà si lega ai lobi frontali, per la precisione al giro frontale inferiore, che contrasta gli impulsi passionali del sistema limbico.

Fra le variabili interessanti sperimentate nella ricerca, il fatto che creare un ambiente in grado di suscitare fiducia, permettesse a un maggior percentuale di bambini di mantenere il controllo.

L’abilità di differire la soddisfazione immediata, come detto, è parte dell’identità soggettiva dei leader in senso assoluto. Esploriamo adesso quali sono le capacità necessarie a coloro che saranno i leader di domani.

L’empatia, l’engagement e i nuovi stili di leadership

Secondo la definizione della psicologa Bruna Nava, l’engagement è quel “senso di coinvolgimento speciale che si rende evidente nella disponibilità delle persone ad agire seguendo gli interessi dell’organizzazione, sentendosi attratti dai suoi progetti, parte attiva, dediti al lavoro, entusiasti e pieni di energia”. I leader di ieri pretendevano questa attivazione, quelli di oggi ma soprattutto quelli di domani, dovranno saper comprendere cosa vogliono le persone, cosa desiderano per potersi sentire coinvolte al 101%.
Per far questo servono doti personali di ascolto ed empatia, soft skills che in parte si apprendono ma per le quali la predisposizione individuale è un fattore determinante.

Parlare la lingua del corpo, del cuore e non solo del cervello

Siamo frutto di un’evoluzione che ci ha portati dall’essere cavernicoli comandati dalla fame, all’essere protagonisti del viaggio turistico su Marte. L’evoluzione ha lavorato in maniera tale che le nuove caratteristiche che abbiamo conquistato si sono sovrapposte a quelle originarie, che non sono andate del tutto perse. È così che nel nostro cervello sopravvive una parte “rettile” che si dedica tuttora alle questioni di sopravvivenza, una parte che ci rende “mammiferi” e che cura amore, accudimento ed emozioni, e una parte – quella più recente – che è specializzata nella logica. I leader debbono tenere conto di questi 3 cervelli e saper comunicare prima di tutto al cervello rettile, poi a quello mammifero e poi a quello logico, usando parole, paratesto e linguaggio del corpo. Solo così possono essere efficaci e – ci si permetta – competitivi nell’epoca dell’iperstimolazione data dalla connessione 24/24.

Le emozioni entrano nell’ufficio del capo

Il lavoro ha natura sociale e le emozioni sono sia il “collante” della memoria (è il motivo per cui ricordiamo con dovizia di particolari la scena del nostro primo bacio ma non sapremmo dire nulla a proposito del 27esimo carrello della spesa che abbiamo spinto nella nostra vita), sia il “cemento” delle collettività. Riconoscere, vivere, gestire, saper nominare le emozioni, è irrinunciabile per chi dee governare un’organizzazione. Sapersi sintonizzare sul clima emotivo in azienda è ormai caratteristica fondamentale per essere leader.

Let it be

Sì, esattamente ciò che dicevano i Beatles: “Let it be”. Riconoscere l’autonomia degli altri, definire spazi di responsabilità diffusa è gratificante per le persone, che se costrette a non trovare mai alcun territorio di libertà, finiranno per essere disengaged e spostare fuori dall’orario di lavoro il 99,9% delle proprie energie. Passare quindi dal controllo totale (e maniacale) alla delega, al lasciare che sia, è uno step necessario sia per i leader, sia per le aziende che ne traggono benefici in termini di qualità ambientale, qualità del lavoro, produttività e riduzione del tasso di assenza per malattia.

La rete iT’s tissue e la scienza della leadership

Da sempre creativi, visionari e innovatori, i membri della rete iT’s Tissue hanno avviato da tempo azioni strutturate per far entrare in azienda le teorie della neuroleadership. Largo alla scienza che affianca e moltiplica il carisma, largo a prospettive mentali nuove che fondano le linee di sviluppo del domani. Formazione, ridefinizione dei criteri di valutazione in ingresso, destrutturazione delle architetture organizzative eccessivamente rigide, contaminazione, dialogo, nuove metodologie di team building, valorizzazione della sfera spirituale delle persone, riformulazione del vocabolario aziendale sono solo alcune delle cose che si stanno facendo. Le altre potrai conoscerle di persona solo visitando i 12 founding members. E… chissà, magari troverai anche un bel marshmallow ad attenderti!

 

* As long as I have a want, I have a reason for living. Satisfaction is death.