Come cambia la vita del responsabile tecnico grazie all’AI

Tecnologia e automazione da sole non bastano. Ci vuole intelligenza. Un impianto governato grazie all’AI trasforma la produzione (ma anche la vita del responsabile tecnico!)

Intelligenza Artificiale: una breve storia

Facoltà esclusivamente umana o capacità replicabile? Privilegio degli organismi biologici o schema ripetibile anche senza “vita”? Attorno all’intelligenza, da sempre ruotano discussioni e analisi, con posizioni che spesso si scontrano anche in virtù dei rispettivi punti di partenza.

Uno dei nuclei del dibattito, è da sempre quello della coscienza. Può un sistema tecnico sviluppare consapevolezza di sé? Può una macchina agire in base a qualcos’altro, rispetto alla semplice computazione?

Se questi sono aspetti fondamentali per il concetto stesso di Intelligenza Artificiale (se hai voglia di approfondire il tutto puoi studiare René Descartes, Kurt Gödel, Alan Turing, John McCarthy, Warren McCulloch, Walter Pitts…), la storia vera e propria dell’AI, trova origine nell’estate americana del 1956, a Dartmouth (New Hampshire), quando John McCarthy coniò, durante un incontro fra studiosi e ricercatori, il termine “Intelligenza Artificiale”. Durante i giorni di Dartmouth furono presentati modelli quali il LogicTheorist, il General Problem Solver e il Dendral, che erano in grado di risolvere svariati tipi di problema usando la logica.

Due anni dopo (1958) McCarthy dà vita a un linguaggio di programmazione dedicato all’AI: il Lisp.

Nel 1966 è la volta di ELIZA, sviluppato da Joseph Weizenbaum, il primo chatbot della storia che interloquiva con messaggi scritti (PS: ancora oggi c’è una versione online di ELIZA). La gestione della conversazione era realizzata attraverso un algoritmo ma suscitava, in coloro che si mettevano a chattare con il “cervellone”, la netta impressione di essere ascoltati da un interlocutore umano.

È del 1976 MYCIN, che diagnosticava infezioni ematiche ma è nel 1980che accade la svolta: R1 (anche noto come XCON, che stava per eXpertCONfigurer) inizia a gestire le ordinazioni di computer per conto della Digital Equipment Corporation, facendo risparmiare 240 milioni di dollari in circa 6 anni di operatività all’azienda di Maynard (come si sa bene, il Massachusetts è terreno fertile per le innovazioni).

Nel 1997 Deep Blue di IBM batte lo scacchista Garry Kasparov.

Nel 2005 alcune automobili a guida autonoma completano i 100 Km di deserto della DARPA Grand Challenge.

Nel 2015 il sistema ConceptNet 4 supera un test di intelligenza (un di quelli pensati per valutare il QI umano) e dimostra di avere le capacità reali di un bambino di 4 anni (no; non è poco, continua a leggere se vuoi scoprire perché).

L’Intelligenza Artificiale fra etica e confini di legge

Enti sovranazionali quali l’Unione Europea si sono spesi per elaborare dei quadri normativi che possano fare da riferimento allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. In particolare il recente documento della Commissione Europea sull’AI, indica: “In order to accelerate, act and align to seizeopportunities of AI technologies and to facilitatethe Europeanapproach to AI, thatis human-centric, trustworthy, secure, sustainable andinclusive AI, in full respect of our core Europeanvalues”. Oltre a questo c’è la necessità di rimarcare il ruolo centrale del controllo umano, anche perché i sistemi di AI sono progettati dalle persone stesse, e può capitare che si portino dietro errori, pregiudizi o stime fallaci dei propri progettisti. Proprio per questo motivo la partnership fra uomo e AI è sempre da considerarsi virtuosa perché in grado di assicurare il massimo dell’efficienza, il massimo della precisione e il massimo dell’utilità. Da non dimenticare che tutto questo va considerato un processo costante e non come un’azione una tantum.

Intelligenza Artificiale forte e Intelligenza Artificiale debole

Le prime macchine sviluppate con Intelligenza Artificiale, si basavano su un concetto di AI debole, vale a dire un sistema che replica i comportamenti umani ma che non è realmente intelligente. La teoria dell’AI forte si basa invece sull’assunto di poter realizzare sistemi dotati di autentica intelligenza, proprio come gli esseri umani.

Nel caso dell’AI debole, replicare i comportamenti sintomatici dell’intelligenza è un qualcosa che si raggiunge attraverso logiche deduttive. Con il progresso della tecnica e grazie all’approccio che concepisce i computer alla stregua dei modelli di rete neurale, si è potuto sviluppare un paradigma diverso: “La tipologia induttiva è propria invece di quel settore noto come apprendimento delle macchine, machine learning, basato su tecniche statistiche, come ad esempio l’individuazione di correlazioni tra le variabili analizzate e la previsione di nuovi comportamenti attraverso algoritmi di regressione. Tale approccio ha subìto di recente un notevole passo in avanti con la modellazione attraverso l’uso delle reti neurali artificiali, in cui si individuano diversi livelli di rappresentazione, in modo simile a quanto avviene nelle reti neurali umane. Poiché questa forma di apprendimento delle macchine avviene in base alla profondità della rete si è parlato di apprendimento profondo, deeplearning” [Giovanni Amendola].

Ecco quindi che l’Intelligenza Artificiale oggi osserva, valuta, decide, prevede, impara e riconosce le abitudini. Questo significa avvalersi di un partner assolutamente affidabile, al lavoro 24 ore su 24 e pienamente “sul pezzo” in relazione non solo al funzionamento degli impianti ma costantemente orientato verso gli obiettivi.

Come l’Intelligenza Artificiale nella produzione del tissue può cambiare la vita del responsabile tecnico

La premessa da fare, per spiegare come l’Intelligenza Artificiale nella produzione del tissue possa cambiare la vita del responsabile tecnico di un impianto, è che qualsiasi fase, dall’approvvigionamento all’uso che il consumatore finale fa dei prodotti, è ricca di dati. Ne consegue che, se si riescono a raccogliere, analizzare ed elaborare questi dati, qualcosa può succedere…

Intelligenza Artificiale nella produzione tissue: l’approvvigionamento

La materia prima arriva in stabilimento sulla base di ordini specifici, che sono determinati da previsioni. Rigidità o flessibilità degli ordini possono fare la differenza fra lo sfruttare al massimo la variabilità del mercato o trovarsi in difficoltà. Prendiamo, per esempio, il 2020: lo scorso anno, con la pandemia, il consumo di carta igienica è salito alle stelle, oltre ogni previsione plausibile (il Covid-19 è un evento che nessuno poteva immaginare). In questo scenario l’Intelligenza Artificiale ha rappresentato un vantaggio competitivo perché le aziende che si sono organizzate, hanno potuto ridefinire l’intero processo di produzione per ottimizzare l’approvvigionamento ma anche per rendere più efficiente la distribuzione. La logica di approvvigionamento JIT (Just-In-Time) ha dimostrato i suoi limiti nel superare una condizione delicata come quella del 2020 ma l’applicazione di logiche AI ha permesso di coordinare la riorganizzazione dell’intero processo produttivo (storage e distribuzione finale compresi), modificando i margini a valle per riuscire a sostenere gli aumenti a monte. Due sono le chiavi in una situazione come quella del 2020: da una parte la modellazione previsionale, che alcune aziende hanno spinto al massimo realizzando centinaia di simulazioni al giorno; dall’altra l’agilità, portato naturale dell’adozione di sistemi di AI (che per natura sono flessibili), e che in scenari di mutamenti repentini ha permesso di intensificare alcune fasi di produzione e rallentarne altre. I vantaggi? Produzione che non si interrompe, profitto mantenuto, consumatori soddisfatti.

 

Intelligenza Artificiale nella produzione tissue: il converting

La trasformazione è una fase delicata, una di quelle da cui dipende la qualità del prodotto finale. In questa fase ogni singolo step è una potenziale fonte di dati che, se raccolti, messi in relazione con altri rilievi, ed elaborati, possono costituire un plus in termini di processo (e profitto). Anche qui facciamo un esempio e scegliamo la fase finale, quella in cui il prodotto in carta tissue finito arriva nelle mani del cliente/utilizzatore. Bene, immaginiamo che diversi consumatori comunichino problemi e che i distributori raccolgano i reclami. Cosa ha, tutto questo, a che vedere con la fase di trasformazione? Semplice: per prima cosa, se i dati sono centralizzati, l’Intelligenza Artificiale ha la possibilità di isolare il lotto di produzione e fare una retro-indagine automatica per determinare quali fossero –per quel determinato lotto – le condizioni o i parametri di lavorazione divergenti rispetto ai valori tradizionali ,analizzando la tipologia di problema e i dati della fase di trasformazione, l’AI sarà in grado di isolare la fonte dell’anomalia , simulare la resa dei possibili interventi e applicare la correzione; infine l’AI sarà in grado di avviare un richiamo automatico degli altri prodotti appartenenti al medesimo lotto (evitando ulteriore scontento lato consumatori). Senza l’Intelligenza Artificiale è possibile tutto questo? Sì, certo, è però il tempo (ricorda bene che l’antico adagio recita chiaramente che “il tempo è denaro”) la variabile fondamentale. Fare tutto “a mano” lavorando su un foglio di calcolo non è un metodo efficace. Per un problema difficile da individuare potrebbero essere necessarie settimane di analisi, simulazioni, verifiche, controverifiche e interventi; tutto ciò non sarebbe sostenibile per un’azienda perché comporterebbe danni economici di breve, medio e lungo termine, oltre al rischio di abbandono del brand da parte dei consumatori delusi (caso in cui il recupero diventa più difficile che mai). Immagina poi la differenza fra il presentarti al board manageriale con un problema e il presentarti già con la soluzione 😉

 

Intelligenza Artificiale nella produzione tissue: packaging, storage e distribuzione

Quanto detto per le fasi di approvvigionamento e trasformazione è – in buona sostanza – declinabile anche per le altre fasi della lavorazione. Macchinari IoT che rilevano e condividono dati con un sistema AI in Cloud, permettono analisi puntuali e approfondite, trasformando dati grezzi e caotici in informazioni, correttivi automatici, previsioni, liste di interventi da fare. Ecco che ogni attività, dalla manutenzione dei sistemi alle logiche di scorta, dalla disposizione dei macchinari alla velocità di linea, dall’ottimizzazione energetica al set di controlli sulla qualità dei prodotti (in ciascuno step di produzione), diventa elemento strategico di miglioramento produttivo. Anche il magazzino subisce un’ottimizzazione in direzione di efficienza e ottimizzazione, anche degli spazi. I vantaggi? Catene di lavorazione sempre attive, down programmati, manutenzione che previene il guasto, flussi di in-out dallo stabilimento che sfruttano al massimo le condizioni ambientali e congiunturali, annullamento dell’errore umano.

Quest’ultimo punto merita un approfondimento. Ci sono errori dovuti alle condizioni di lavoro, all’eccesso di stimoli nello stabilimento, al multitasking, a previsioni non corrette, al tralascio di variabili ritenute non significative, a bias cognitivi. Ci sono poi errori inevitabili perché legati a elementi che stanno sotto la soglia del percepibile; si tratta di anomalie, imperfezioni, difetti che nessuna persona al mondo sarebbe in grado di rilevare. Ma una macchina sì, può farlo, ed è in grado di intervenire prima che, queste caratteristiche di difformità dagli standard, generino danni economici a cascata. Fra le possibilità abilitate dall’Intelligenza Artificiale, il collegamento diretto con i sistemi AI di clienti e fornitori, per far sì che anche la realizzazione di prodotti si trasformi, acquisendo un’ottica di servitization.

 

Intelligenza Artificiale nella produzione tissue: l’utilità di processo

Grazie all’elaborazione dei big data vi è la possibilità di utilizzare automazioni fondate sull’analisi dei dati allo scopo di effettuare stime previsionali per la gestione anticipata di eventi specifici. Grazie all’AI diventa possibile lavorare in ottica di manutenzione predittiva, evitando fermate di linea non pianificate o guasti da usura delle componenti.

 

Bene, immaginati a capo di uno stabilimento in cui il tuo partner instancabile è l’Intelligenza Artificiale. E adesso immagina come saresti tranquillo… Niente male, vero?

 

Focus: la Singolarità Tecnologica

Fra le previsioni sull’evoluzione delle macchine, c’è quella della singolarità tecnologica (che prende le mosse dalla Legge di Moore secondo cui la capacità di elaborazione degli apparati raddoppia a ogni biennio) e che vede la data del 2045 come punto d’inizio della nuova era. La singolarità è la condizione in cui i computer saranno così potenti da rivoluzionare il mondo in ogni singolo aspetto, condizione resa possibile dal fatto che a un certo punto i computer saranno in grado di costruire altri computer che saranno più “intelligenti” degli esseri umani, dando il via a un loop infinito.
Molte le discussioni attorno alle possibilità (e alle conseguenze) di questo scenario. In ogni caso già oggi la Legge di Moore segna il passo perché lo sviluppo della capacità di calcolo si scontra con i limiti della fisica nella realizzazione della componentistica. Ciò che importa è, comunque, il grado di perfezione – pressoché assoluto – che l’Intelligenza artificiale ha raggiunto per sostenere i processi di automazione industriale.

Fra le letture consigliate sulla singolarità, l’articolo di Vernon Vinge che conia il termine (1993),Essere Razionale (Reason) di Isaac Asimov in cui compare l’autocoscienza dei robot (1941)e il racconto LaRisposta di FredricBrown (1954) che “profetizza” la costruzione di un supercomputer a cui l’umanità chiede la conferma dell’esistenza di un Dio (nessuno spoiler, leggilo se vuoi conoscere la risposta).

 

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