Packaging sostenibile, non una sfida ma una meta

“La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto” soleva ripetere Albert Einstein, in una massima che è molto più di quello che può sembrare a una prima lettura e che – soprattutto – ci aiuta a capire che un packaging sostenibile non rappresenta una sfida ma deve essere una meta concreta.

È del 2017 la previsione di un mercato globale del packaging sostenibile che indica nella data del 2025 il raggiungimento di una quota di mercato pari a 440,3 miliardi di dollari. All’epoca si potevano immaginare elementi di scenario e tendenze ma difficilmente ci si sarebbe potuti aspettare la comparsa sulla scena di Greta Thunberg a impersonare e amplificare le aspirazioni di un’intera generazione. Se consideriamo che nello studio previsionale si faceva riferimento al fatto che è proprio la domanda – anzi il bisogno – di imballaggi sostenibili a spronare l’industria, è facile intuire come, a due anni di distanza, quella dei 440,3 miliardi possa diventare una cifra ancora più importante.

Torniamo però alla massima di Einstein. La logica porterebbe a dire che per cambiare ci vogliono investimenti cospicui, ricerca continua, azzardo imprenditoriale… insomma, una serie di ostacoli che renderebbero possibile il cambiamento solo con molta cautela e in tempi lunghi. C’è però l’immaginazione, quella che è – innanzitutto – libertà mentale dagli schemi. Uno schema è uno strumento utile, funge da guida, ottimizza lo sviluppo. Ogni schema, quando esaurisce le potenzialità, diventa un ostacolo alla crescita. È qui che l’immaginazione può operare uno strappo e disegnare scenari nuovi; è qui che serve libertà dagli schemi.

Quella del packaging sostenibile è una storia emblematica: quando il packaging è passato dall’essere dominio assoluto degli ingegneri di produzione a exercitium creativo per designer e mezzo d’espressione per le generazioni post-millennials, si sono aperti scenari nuovi. Materiali prima impensabili, logiche produttive fuori dall’ordinario, metodi di progettazione stravaganti hanno portato energia e soluzioni nuove. La fascinazione suscitata nell’immaginario collettivo ha fatto il resto e oggi un pack sostenibile e non-inutile è qualcosa che miliardi di persone desiderano. Per chi lo propone rappresenta un valore aggiunto inestimabile, un asset intangibile destinato a durare nel tempo.

iT’s Tissue e il packaging sostenibile

L’abitudine dà corpo – al solito – a una forma-mentis che può essere un ostacolo quando siamo di fronte alla necessità di immaginare un nuovo paradigma. Per questo le aziende che hanno fondato iT’s Tissue praticano uno stile di ricerca che è innanzitutto valutazione degli schemi: quando uno schema ha esaurito le proprie potenzialità, viene abbandonato.

Facendo tesoro di documenti di riferimento come le leve di prevenzione di Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi) che designano riferimenti nuovi per approvvigionamento di materie prime, produzione, uso, riuso, logistica e riciclo, ma anche ispirandosi a elaborazioni quali quelle australiane, l’immaginazione viene coltivata liberando energie creative e incanalandole in processi industriali orientati verso obiettivi concreti. Assieme a clienti e fornitori, la piccola-grande rivoluzione si sta compiendo sia a livello di strategie produttive, sia a livello di prodotti, sia per quanto riguarda la concezione progettuale di ciascuna macchina (ormai realizzata in modo tale da supportare qualsiasi upgrade, anche inimmaginabile al momento del progetto).

Ecco perché quella del packaging sostenibile non è una sfida – una sfida si può vincere ma anche perdere – ma una meta. Una meta, a differenza di una sfida, è qualcosa che si deve raggiungere, senza “se” e senza “ma”, nel più breve tempo possibile.

Packaging sostenibile: i numeri del bisogno

Se il 40% della plastica prodotta nel 2018 (dati A Plastic Planet) non ha trovato una via di riciclo, la sensibilità ambientale diffusa e il pianeta stesso, non chiedono solamente tassi più alti di riciclo ma materiali realmente eco-compatibili dalla A alla Z, in particolare per un settore come quello della carta per uso igienico e per la casa, caratterizzato da un alto tasso di consumo annuale pro-capite. L’istituto di statistica Ipsos afferma che “In linea con il trend generale, gli italiani si dichiarano disposti ad assumere abitudini di consumo più responsabili, quali l’acquisto di beni riciclabili o confezionati con packaging biodegradabile e il recupero di prodotti usa e getta (rispettivamente 48%, 41% e 43%)”. Al di là di ricerche e documentazioni, c’è un dato empirico che è significativo: sulla versione internazionale di change.org si trovano (estate 2019) 1.119 petizioni indicizzate con la parola “packaging” e sono tutte indirizzate a chiedere la riduzione d’impatto per gli imballaggi. Questo la dice lunga sulla sensibilità dei consumatori.

Packaging sostenibile: quanto manca alla meta?

Siamo già alla meta, anzi, la stiamo già oltrepassando. Esistono le tecnologie, esistono le soluzioni, esistono prodotti nuovi. Gli scaffali stanno esaurendo le scorte dell’old-style tissue e stanno per riempirsi con il futuro, quello che anche le aziende di iT’s Tissue hanno contribuito a disegnare. La sostenibilità è però il risultato di un’azione sinergica fra chi produce e chi usa; per questo il comportamento dei consumatori è fondamentale dal momento in cui un oggetto passa dal ciclo di vendita nelle mani di una persona: uso corretto e raccolta differenziata sono necessari affinché la sostenibilità diventi completa e reale.